False Cassa integrazioni sicuramente peggio del bonus 600 €

Nelle settimane scorse moltissimi cittadini si sono indignati per la notizia riguardante il riconoscimento di 600 € alle partite Iva che avevano come titolari amministratori pubblici.

Le testate giornalistiche hanno fatto sì che sulle spiagge i bagnanti, poco distanziati, discorressero del tema, molti ignari della legalità del provvedimento, per carità di discutibilissima moralità, ma sicuramente non lesivo delle norme in vigore.

Si è cercato di additare il legislatore, oppure si è crocefisso il fruitore con il sano principio che sicuramente quel “bonus” dovrebbe spettare a chi realmente ne ha bisogno, ma sta di fatto che oltre a detenere il primato giornaliero delle discussioni da bar o da ombrellone il fatto non costituisce un reato.

E’ invece in sordina, cosa che invece merita un’attenta valutazione sia da parte degli organi ispettivi, ma soprattutto da parte dello stesso cittadino che ha inveito contro chi ha percepito i 600 €, la realtà quotidiana riguardante alcune aziende che pur avendo presentato regolare domanda di fruizione di Cassa Integrazione, hanno preteso che i loro dipendenti fossero presenti sul posto di lavoro, i quali quasi sempre non possono ribellarsi alla decisione del datore.

In realtà cosa succede: l’azienda invia delle lettere alle Organizzazioni Sindacali informandole che per un determinato periodo di tempo hanno bisogno di contrarre le attività causa Covid-19, successivamente e nei termini stabiliti dal Governo, inviano all’Inps la domanda corredata di tutte le informazioni necessarie affinchè l’istituto, che sicuramente in questa fase ha moltissime istanze a cui far fronte, conceda il beneficio della Cassa integrazione e pertanto l’azienda non versi ai propri dipendenti il salario, che in molti casi arriverà, nelle misure stabilite dalla legge, direttamente dall’ Inps, o qualora l’azienda lo anticipi, poi non verserà i contributi per l’importo pari a quello anticipato al dipendente.

Nel frattempo il malcapitato dipendente si vede chiamato dal proprio datore di lavoro per essere informato che dal giorno seguente fino a nuova comunicazione risulterà in Cassa Integrazione e che lo stipendio non potendolo anticipare, gli verrà corrisposto dall’ Istituto di Previdenza, ma lo informa inoltre che questo avverrà sulla carta e che lo stesso malcapitato dipendente, dovrà continuare ad essere presente sul luogo di lavoro, ovviamente producendo beni e/o servizi, con una piccola integrazione -brevi manu – da parte del datore di lavoro stesso.

La giustifica a tale comportamento è sicuramente uno strappalacrime che introduce argomenti che vanno dalla politica Nazionale a quella europea, per approdare alla pesantezza dell’ imposizione fiscale, ma con la ciliegina sulla torta che il tutto serve a preservare il posto di lavoro e si sa, soprattutto al sud d’ Italia il posto di lavoro è sacro e si tiene con tutte le proprie forze, anche a costo di risultare complice di una truffa, si perché parliamo di vera e propria truffa in questo caso, che sicuramente non meriterà l’attenzione della cronaca quotidiana come nel caso del bonus dei 600 € percepiti da parlamentari o altri politici, ma il malaffare è ben confezionato con la complicità del dipendente che purtroppo non può ribellarsi anzi risulterà complice forzato.

Adesso in molti si staranno chiedendo il perché di una denuncia che non ha nomi e codici fiscali, ma l’essere attento non necessariamente implica l’essere fesso.

Si, perché il datore di lavoro invierà le presenze o le assenze all’Inps solo a termine del periodo di Cassa integrazione e se nessuno è mai andato a controllare lo stesso potrà tranquillamente dichiarare che i propri dipendenti o una parte di essi erano assenti dal lavoro, pur stando in perfetta forma al loro posto, quindi il fatto di non riuscire a provare che la società Alfa, Beta o Gamma abbia perpetrato questo delitto sociale potrebbe addirittura dare loro l’imput a denunciare chi diffonderebbe delle notizie che, pur essendo veritiere, non saranno mai comprovabili, almeno che non si facciano dei controlli incrociati con alcuni dati, ma il tutto richiederebbe molto tempo e forse si riuscirebbe comunque a farla franca.

La maggior parte delle aziende fanno il loro dovere e sono in reali condizioni di fruire della Cassa integrazione, ma sicuramente altre, di diversi settori che vanno dalla metalmeccanica al commercio ai servizi ecc., mettono in atto il protocollo di cui sopra.

Alla luce quindi di un eclatante truffa camuffata dalla emergenza Covid-19 servirebbe maggiore indignazione da parte di tutti, quantomeno pari a quella che ha riguardato il beneficio dei 600 € dei politici con partita iva, sicuramente servirebbe un servizio ispettivo maggiore, ma senza un accurato senso di civiltà e un ideale per la cosa pubblica che riguardi tutti noi cittadini forse le ispezioni serviranno a ben poco, perché è giusto ricordare che in questi casi a rimetterci è la collettività in quanto l’ lnps distribuisce soldi pubblici, quindi i nostri soldi vanno a vantaggio dei ladri che utilizzano regolari procedure.

Alfio Zaurito

Segr. Gen. Uilm Brindisi